Come rispondere al bisogno umano di contribuire a proteggere e rendere preziosa la Vita di tutti, di fronte alla devastazione della Vita che esiste intorno a noi?

Io sento che è un bisogno profondo, che non può essere soddisfatto solo con dei semplici gesti che lo mettono in sordina, calmando la “coscienza“.

Cosa è poi la coscienza, se non quel luogo intimo interiore dove cuore, istinto e pensiero si incontrano in purezza e in onestà, al punto da dare un senso alla vita e da trovare un impulso all’azione? Se siamo “dissociati” (quali siamo perché ci siamo costruiti una società che ci porta a esserlo), non possiamo avere una piena e vera “coscienza”. All’incontro di cuore, istinto e pensiero qualcuno di questi “super-poteri umani” manca all’appello, o si affaccia fugacemente per poi finire nel non-sentito, sparagliato dalla paura, da un pensiero schiacciante diretto da altri o da comode strategie palliative e convenzioni culturali.

Forse è così che è nata l’espressione “calmare, mettersi a posto la coscienza”: per descrivere l’atto disperato di un’umanità che si è dissociata, si è persa, e sa solo illudersi di ritrovarsi.

Forse si può rispondere a quel bisogno profondo di proteggere e rendere preziosa la vita di tutti, cercando un unione il più possibile stabile del nostro cuore-istinto-pensiero dentro di noi, dandoci l’occasione di sentire che questi nostri tre “centri” sono la nostra essenza, la nostra identità. Sentendo di più, la strada delle nostre azioni diventa più naturale, irrinunciabile e chiara; sentiamo anche chi siamo e possiamo via via riconoscere il senso della nostra vita.

Allora, mentre qualcuno da qualche parte del mondo distrugge la Vita, uccide, ferisce, riduce alla fame, fa violenza ad altri esseri umani e alla Natura, qualcun altro là dove si trova a vivere, può contribuire ad avere cura della Vita, a valorizzarla e a intensificarne il sentito, a partire dalla propria quotidianità.

L’agire quotidiano è solo il minimo e non basta? E’ più concreto, tangibile e sufficiente limitarsi a “fornire aiuti”? L’una cosa non esclude l’altra! Il più delle volte ci calmiamo la coscienza fornendo aiuti con singoli gesti di apertura, per poi fra l’uno e l’altro gesto tornare a vivere disconnessi e dissociati.

Danzare la vita: sperimentare una volta a settimana uno spazio e un luogo protetto in cui siamo facilitati nel ri-connetterci alla nostra affettività, agli istinti che ci radicano alla vita, e a un pensiero saggio, è un’occasione per sentire che la Vita nostra e di tutti è “sacra”, e  può essere vissuta in abbondanza di “umanità”, in tanti sensi.

Le esperienze sentite che viviamo nello spazio protetto della danza, confluiscono naturalmente nel quotidiano, laddove ogni possibile rinnovamento e maturazione si radica nel concreto. E’ nel quotidiano che viviamo la nostra presenza capillare, potente ed essenziale: è lì che andiamo all’essenza dei nostri bisogni e della vita, è lì che interagiamo rispecchiandoci, e in un flusso continuo e costante possiamo insegnarci a vicenda a sentire, e a vivere appieno.

Ognuno trovando il suo modo, il suo ambito, il suo dono e i suoi talenti, può tornare a nutrire di vita la vita, seminando e coltivando possibilità diverse, consapevolmente, con impegno viscerale e passione.